Elleboro
Stella di frutti
a febbraio sussurri:
– sarò il tuo fiore.
A invernali promesse
voglio credere ancora.
Stella di frutti
a febbraio sussurri:
– sarò il tuo fiore.
A invernali promesse
voglio credere ancora.
Psichedelico eri, sei, rimani
tutto il nostro stupore ho tra le mani
mani grandi? No, mani piccoline
che hanno giocato insieme, birichine.
La giovinezza stava nel presente
nella foto si nota -eddai!- non mente.
Il gran cerchio con te curvava bene
anche perché non c’erano catene.
Te ne sei andato presto amore caro
fingendo d’ignorar che il tempo è avaro.
Senza di te si sta come una foglia
-un poeta lo disse e dio non voglia
che ora s’adombri se lo tiro in ballo-
m’è la poesia compagna senza fallo.
Amore psichedelico ti chiamo
sognando California dal mio ramo:
San Francisco, San Diego, sulla strada
col tuo sorriso sempre, ovunque vada.
Eccoci dunque alle soglie delle festività natalizie, come ogni anno. E come ogni anno ecco che ci aggiriamo in cerca di addobbi, regali, luci intermittenti. Lo facciamo quasi tutti, no? Ci concediamo qualche lieve stordimento extra, i profumi, i gusti della tavola, le bollicine. Proviamo a sorridere, magari anche a essere generosi. Eppure giusto in questo periodo la mancanza di quelle e proprio quelle mani da stringere, di quelle e proprio quelle spalle pronte ad accoglierci, si fa bruciante. Davanti alla morte c’è chi usa dire: “ha lasciato il corpo”. Ma davvero il corpo è soltanto un involucro e l’anima è immortale? Il quesito fondamentale dell’esistenza rimane e rimarrà sempre aperto. Il dato di fatto è: io/noi siamo minuscoli. Altre parole oggi non me ne vengono. Mi pare di avere già scritto una serie di ovvietà. Non posso, dunque, che continuare a guardarmi attorno, gioire della bellezza accanto; ad osservare, ascoltare, condividere finché ci riesco. A cercare di accrescere la mia consapevolezza con un occhio di riguardo al pianeta e ai suoi abitanti. Non posso che accomodarmi alla bell’e meglio dentro la vita con i sensi all’erta, addentrandomi nelle forme, negli odori, nei suoni, nei colori. E nella loro stupefacente mutevolezza.
Il mio ultimo acquerello: “Psychedelic leaves”.
Non so la parte mai
non so la parte
rinuncio al ruolo
sasso con il foro
pietra bucata
quasi mitragliata
pizzichi vuota
gola rinsecchita.
Con gran fatica
arranca ogni pensiero
neonato nero
sguardo celestiale.
Non so la parte io
mi tiro indietro
e frugo frugo
in cerca del copione
che mi è sottratto
perché già mutato
nelle battute
personaggi
trama.
Smarriti appunti
note d’intenzioni
al posto loro
dei romanzi fiume
che non potrò all’intero
recitare giacché sì
tutto son tenuta a dire
prima che il giorno
faccia colazione.
Amore invita a
stare per andare
non aspettare
non interpretare
muovo le mani
soffio sulla carta
sei tu a parlare
dolce callicarpa.
(Callicarpa)
Ipotesi errata:
quindi, non la wisteria
non il ginko.
D’ottobre il terzo
segreto giunse
comunque di martedì
come previsto.
Inspiro vermiglio
rosso della barbera
per la sfida a colori
là nell’orto quando
-inaspettata amata-
tu mi attiri
le venature ruoti
e agiti paillettes
lungo il picciuolo.
Vitis vinifera
dall’inebriante vita
come ho potuto
proprio te ignorare?
Fremere fai
pupille
papille gustative
qui ahah
qui ahahah
oh quanto ridere!
Qui
sulla linea che
da una sponda all’altra
curva traversa
tutto intero
il palmo.
In allegria stormisci
-frusc frusc –
e a stormire continui
-fatale distrazione-
nella molle caduta
sotto suole altrui.
Da laggiù
-frusc-
odo ancora
mille vite possiedi
(più di un gatto)
senza timore canti
di frammento
in frammento
all’infinito.