Schiena sui sassi,
si scherma il sole.
Dal tronco naufrago
cola resina di mare.
Carezzo steli
posidonia
stelle di vetro
paglia.
A palpebre calate
niente attesa
perché subito arriva:
fragore d’onda
spuma che odora.
Eppure, oltre:
all’inchiostro
del fondo.
Oltre.
Sotto il luccichio.
Sotto.
Dove placida
si muove
la manta
della scapola.
Qui:
alla conchiglia
del bacino.
Al plancton impoverito
delle ginocchia
sostanza manca.
Nutrimento.
Nella mia,
la tua mano.
Per quale ragione, non sapeva.
Tutto appariva sbilenco, avvolto da una luce opaca.
C’erano solo domande, domande senza risposte.
Intorno aleggiava l’odore dell’erba bruciata. Non pioveva da mesi.
Alzò lo sguardo, vide un airone cinerino volare; non era la prima volta, lo aveva già notato il giorno prima.
In quel momento, avrebbe desiderato fondersi con le nuvole, soprattutto con quella che ormai aveva imparato a riconoscere, al di là di ogni sua imprevedibile mutevolezza.
C’erano lo spazio curvo, il tempo curvo, i buchi neri in cui ogni cosa precipitava, la materia oscura, le galassie. Chiamò a raccolta i pensieri e non ne trovò nemmeno uno, quindi scagliò lontano il pennello e lasciò colare sul foglio gli avanzi di colore. Ed ecco che subito un primo pensiero si presentò: la realtà non è come ci appare.
(acrilico su carta)