Sto terminando la lettura di un romanzo intitolato: “Così ha inizio il male”, di J. Marias. Questo autore non mi delude mai, da lui mi sento presa per mano già dalla prima riga e accompagnata fino all’ultima. Non rischio di perdermi e seguirlo non mi costa fatica, nonostante la complessità degli argomenti e i frequenti voli pindarici a cui mi sottopone: piccolo-grande miracolo della scrittura, che quando funziona non lascia spazio a fraintendimenti. Cosa che invece capita alle ‘alate’ parole quotidiane, troppo spesso fonte d’incomprensione e di rancore.
Riporto di seguito una frase del romanzo (una tra le tante) che mi ha colpito e che desidero condividere.
“Ciò che era unico finché era segreto e ignoto a tutti, diventa un episodio banale una volta che è stato esposto e gettato nel sacco comune delle storie che si sentono in giro e si mescolano e vengono dimenticate, e che per di più potranno essere riportate e travisate da chiunque per puro caso passi da lì o ne sia raggiunto, perché una volta che le abbiamo liberate, le storie rimangono nell’aria e non c’è modo d’impedire loro di aleggiare o volar via se la bruma le avvolge o il vento le sospinge, e di viaggiare attraverso lo spazio e attraverso il tempo deformate da molteplici echi e dalla lama affilata delle ripetizioni”.